"Cadendo s'impara a camminare"
(Proverbio)

sabato 20 febbraio 2010

Rischiare....

"Ridere è rischiare

di sembrare idioti.

Piangere è rischiare

di sembrare sentimentali.

Soccorere qualcuno

è rischiare d’impegnarsi.

Manifestare i propri sentimenti

è rischiare d’essere incompresi.

Amare è rischiare

di non essere corrisposti.

Sperare è rischiare d’illudersi.

Provare è rischiare di fallire.


Chi non rischia niente,

non fa niente, non ha niente,

non è niente."(Mpumalanga, South Africa)

domenica 7 febbraio 2010

Vittorio?

"Vittorio: “Dipingevo come un pazzo, per nascondere i dubbi che avevo. E più dubbi avevo più dipingevo come un pazzo. Tagliavo fuori tutto il resto, cercavo di non pensarci. I problemi di Nina e la mia infelicità di fondo, la mancanza di senso nei rapporti che avevo. Il mio lavoro era diventato una specie di anestetico locale, mi permetteva di vivere senza sentire niente nella regione del cuore e dell’anima. Mi permetteva di dimenticare tutte le questioni aperte della mia vita, e in più sembrava che il mondo me ne fosse grato. Erano tutti lì a dirmi quanto erano importanti i miei quadri, come se dipingessi per il bene dell’umanità, invece che per me stesso”…”Sottraevo attenzione alla mia anima e la convogliavo tutta nel lavoro. In certi periodi non me ne restava nemmeno più per fare una telefonata a Nina la sera o passare a trovare un amico. Ogni giorno mettevo in moto tutte le mie forze, e le obbligavo a restare nel campo della tela, no? Poi appena si esauriva l’onda di adrenalina, mi guardavo intorno e c’era il vuoto. La mia vita era trascurata come un prato senz’acqua, come dice il guru. Non c’era niente, al fondo. Non avevo costruito niente, non avevo coltivato niente, non avevo dato niente di me alle persone che mi erano vicine. Ero una specie di fantasma, Uto. Quando me ne rendevo conto mi venivano delle crisi di depressione terribili…”

…Marianne dice: “Era così preso da sé e dal suo lavoro, non riusciva mai a trovare abbastanza tempo per me e per Jeff. O per Nina. Se cercavo di farglielo capire s’infuriava, dava la colpa a me. Diceva che volevo mettere in competizione mio figlio con sua figlia. Che ero gelosa e immatura e fissata. Che ero pazza, anche. Che lui aveva bisogno di essere libero e io cercavo solo di imprigionarlo. Mi faceva disperare, mi sentivo così avvilita e umiliata. Ha sempre avuto quest’energia incredibile solo che la riversava tutta nella pittura….”

Vittorio: “ (Arrivare) a capire che è un lavoro, essere felici. È una costruzione. Devi mettere giù tavola per tavola e chiodo per chiodo, e controllare di continuo che tutto sia a posto e tenere spalato tutt’intorno. Ci vuole un sacco di manutenzione, Uto. Anche solo per stare insieme tra un uomo e una donna. È un lavoro. All’inizio ti sembra proprio il contrario, ti sembra tutto istinto e caso, una specie di dono della fortuna. Invece non è facile per niente. Se non cominci a lavorarci subito, va tutto in pezzi prima ancora che tu te ne accorga. Se non cominci a rovesciarci tutta l’attenzione la cura e il tempo e l’energia e l’immaginazione che hai. Io me ne sono reso conto tardi, ma è così.”"

(tratto da Uto, di A. De Carlo)